martedì 4 maggio 2010

Background di uno spot dal marketing alla tv. Le forme brevi della pubblicità

Oggi, 4 maggio, si è tenuto nell'aula A della palazzina Valitutti "Background di uno spot : dal marketing alla tv. Le forme brevi della pubblicità", a cura di Stefano Paolillo, psicologo dell'audiovisivo e operatore Rai. Sono intervenuti Luca Picchi e il professor Antonio Catolfi , all'interno del ciclo di seminari dell'insegnamento di Metodi e tecniche della produzione visiva dell'Università degli Stranieri di Perugia.
L'aula, seppur capiente, era piuttosto affollata di studenti e curiosi, inclusi noi del Master in Conduttore Radiofonico e Media Digitali, che abbiamo avuto l'occasione di contestualizzare l'operato di tre nostri docenti.
Il professor Catolfi ha brevemente introdotto l'evento sottolineando la preponderanza del mezzo televisivo nell'investimento pubblicitario (53 per cento del totale) contro la stampa (34 per cento), oltre alla crescita di Internet, mentre il maggior utilizzo si riscontra in YouTube. Nel passare la parola a Stefano Paolillo, lancia una riflessione di De Kerchove sulla ricezione dei messaggi nell'odierno flusso televisivo.
Paolillo esordisce premettendo la sua funzione di psicologo che come tutti "va al Moulin Rouge e guarda il pubblico", ed è proprio di pubblico che si occupa. In questo caso, in particolare, si è occupato di un pubblico: i direttori marketing delle aziende che commissionano uno spot o una campagna pubblicitaria.
Prima domanda, diretta: cosa pensano i direttori marketing delle aziende, appunto, della pubblicità? Le persone intervistate appartengono a Peugeot Italia, piuttosto che Amadori, Acer Group, McDonald. I pareri sono stati piuttosto netti, pur nella diversità delle priorità assegnate: efficienza e perfetto rapporto tempo-effetto.
Più diversificate, invece, le preferenze riguardo i singoli spot: dal direttore marketing di Ford Italia che preferisce in assoluto lo spot di Sony Bravia per il mood e l'altissima qualità alla direttrice di Peugeot Italia che indica quello di Infostrada con Mike Bongiorno e Fiorello.
Mentre apprendiamo, grazie alla tecnologia che ci rende multimediali, che Scajola rassegna le dimissioni, passiamo agli spot che non sono piaciuti: minimo comune denominatore è la volgarità.
Cresce, continua Paolillo, lo spot made in Italy, anche se fra luci e ombre: da un lato gli stessi dirigenti d'azienda lo trovano un prodotto rassicurante e adatto, dall'altro meno incisivo e ironico di quelli anglosassoni.
Ancora una domanda: la televisione è mezzo necessario o inevitabile per lo spot? La maggioranza opta per la prima opzione e anzi, si parla di miglioramento di palinsesto, con programmi più diversificati e meno massificati, addirittura più interattivi. Più combattuta è invece la posizione del testimonial: se è troppo pervasivo si rischia eccessiva identificazione del prodotto e insufficiente indipendenza dello stesso, secondo altri, una certa alternanza aiuta.
Di certo, un dato emerge: Luca Picchi interviene narrando un episodio riguardante un imprenditore di sua conoscenza che lo avvisa telefonicamente dell'imminente messa in onda del primo spot televisivo della sua azienda: la tv è ufficialmente e, anche, praticamente, indicativa di uno status, un punto di arrivo. Il professor Catolfi conferma in qualche modo questa visuale ricordando un'affermazione di Guy Debord: il mondo pubblicitario è ormai autoreferenziale, oltre ad essere pervasivo. La pubblicità è ovunque ora è sul telefonino e su Internet.
Stefano Paolillo chiude affermando che la comunicazione pubblicitaria è un conforto culturale e in due obiettivi riesce sempre: nell'informare (dell'esistenza di un prodotto) e nel fidelizzare (a un brand). Una cosa non sarà mai certa: l'effettivo ritorno di un investimento pubblicitario, trattandosi di disciplina non esatta.
E la (nostra amata) radio? Peculiare è la sua modalità di produzione, in grado di coprire la (eventuale) distanza dal video. Il luogo principe della fruizione attualmente è l'automobile, con larghe fasce orarie di prime time.
In sala si è parlato e chiesto di concretezza, oltre che di creatività, con pareri costruttivamente discordi che hanno coinvolto dalla "Linea" di Cavandoli allo "Smartphone" di Vodafone. Al di là dei contesti culturali e temporali, in entrambi i casi, ha chiuso Paolillo, lo scopo è anche divertire.

Lucia Settequattrini

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