venerdì 14 maggio 2010

"La prima notte solo con te". Arnaldo Colasanti alla Sala Goldoniana, 13 maggio 2010

La fonoteca regionale "Oreste Trotta", all'interno di una serie di cinque incontri legati dalla rivista letteraria "Stilos", ha accolto ieri Arnaldo Colasanti e il suo nuovo libro "La prima notte solo con te". Sulle note de "La morte e la fanciulla", simbolicamente, si inizia a parlare del Colasanti appassionato di filosofia, storia dell'arte e letteratura che una lunga notte scrive un'altrettanto lunga lettera alla figlia Miranda, addormentata nella sua cameretta. Qual'è il tema, ci si chiede, dell'opera, che romanzo non è, forse (altra domanda)? E' un libro notturno, pieno di pagine nel senso più alto della parola, da leggere e rileggere in maniera randagia, un libro sincero in modo sconcertante, la cui fede è "inquieta e serena insieme", precisa l'autore. E' una fede che viene dall'amore paterno che di per sé implica una grande, doppia paura: della morte propria e del figlio. Figlia, in questo caso. La lunga lettera è quindi anche un tentativo di scongiurare questa grande paura e un'occasione per lasciare l'eredità più grande: ciò che si ama. E da questa citazione di Ezra Pound, particolarmente cara all'autore che la riporta in conclusione del libro, Colasanti finalmente irrompe con quella voce che è parte della sua arte. "Ho sempre fatto il critico, mai il romanziere. Non potrei scrivere inventando, nel senso etimologico del termine, trovando. D'altronde, se lo scrittore è un inventore, il critico letterario è considerato un ricercatore. Quindi? Sono un personaggio di pura virtualità o sono qualcosa?
Ho una certezza: l'aver avuto l'esperienza, forse il privilegio, del tempo che diventa cenere. E' un'esperienza rara, che a sua volta ne permette un'altra: mandare un bacio al tempo che va. E non è una forma di inquietudine, bensì un'esperienza fisica".
Colasanti, un pò come nel libro, si tuffa nel suo percorso di vita, tanto artistico quanto umano, ammesso che le due dimensioni a questo punto si possano distinguere, e cerca, riuscendoci, di spiegarci come questo bacio permetta al tempo di diventare futuro. Il bacio è il bacio della madre, ed è proprio la maternità la condizione che manda qualcosa "nella curva del tempo". Scrivere è diventare madre, come Dio che partorì il mondo, citazione dell'inizio della Bibbia che l'autore ama ricordare.
Ma il presente va colto: carpe diem. Orazio ne sancisce la sacralità. E ciò vuol dire aver colto amori, illusioni, la parola poetica, tutti i libri che lo hanno fatto innamorare, gli amici cari e i maestri, ma anche la città e la provincia della sua giovinezza fatta di quadri e arte ammirati in pomeriggi assolati d'amore.
L'amore paterno intreccia, quindi, storie indimenticabili che sono l'eredità della piccola Miranda . E mentre la mia testa comincia a vagare fra "La Cura" e "Non ti muovere", Colasanti mi riporta alla realtà con le parole della figlia: "Papà, ma perchè non scrivi invece una bella storia di pirati?"

Lucia Settequattrini

martedì 4 maggio 2010

Background di uno spot dal marketing alla tv. Le forme brevi della pubblicità

Oggi, 4 maggio, si è tenuto nell'aula A della palazzina Valitutti "Background di uno spot : dal marketing alla tv. Le forme brevi della pubblicità", a cura di Stefano Paolillo, psicologo dell'audiovisivo e operatore Rai. Sono intervenuti Luca Picchi e il professor Antonio Catolfi , all'interno del ciclo di seminari dell'insegnamento di Metodi e tecniche della produzione visiva dell'Università degli Stranieri di Perugia.
L'aula, seppur capiente, era piuttosto affollata di studenti e curiosi, inclusi noi del Master in Conduttore Radiofonico e Media Digitali, che abbiamo avuto l'occasione di contestualizzare l'operato di tre nostri docenti.
Il professor Catolfi ha brevemente introdotto l'evento sottolineando la preponderanza del mezzo televisivo nell'investimento pubblicitario (53 per cento del totale) contro la stampa (34 per cento), oltre alla crescita di Internet, mentre il maggior utilizzo si riscontra in YouTube. Nel passare la parola a Stefano Paolillo, lancia una riflessione di De Kerchove sulla ricezione dei messaggi nell'odierno flusso televisivo.
Paolillo esordisce premettendo la sua funzione di psicologo che come tutti "va al Moulin Rouge e guarda il pubblico", ed è proprio di pubblico che si occupa. In questo caso, in particolare, si è occupato di un pubblico: i direttori marketing delle aziende che commissionano uno spot o una campagna pubblicitaria.
Prima domanda, diretta: cosa pensano i direttori marketing delle aziende, appunto, della pubblicità? Le persone intervistate appartengono a Peugeot Italia, piuttosto che Amadori, Acer Group, McDonald. I pareri sono stati piuttosto netti, pur nella diversità delle priorità assegnate: efficienza e perfetto rapporto tempo-effetto.
Più diversificate, invece, le preferenze riguardo i singoli spot: dal direttore marketing di Ford Italia che preferisce in assoluto lo spot di Sony Bravia per il mood e l'altissima qualità alla direttrice di Peugeot Italia che indica quello di Infostrada con Mike Bongiorno e Fiorello.
Mentre apprendiamo, grazie alla tecnologia che ci rende multimediali, che Scajola rassegna le dimissioni, passiamo agli spot che non sono piaciuti: minimo comune denominatore è la volgarità.
Cresce, continua Paolillo, lo spot made in Italy, anche se fra luci e ombre: da un lato gli stessi dirigenti d'azienda lo trovano un prodotto rassicurante e adatto, dall'altro meno incisivo e ironico di quelli anglosassoni.
Ancora una domanda: la televisione è mezzo necessario o inevitabile per lo spot? La maggioranza opta per la prima opzione e anzi, si parla di miglioramento di palinsesto, con programmi più diversificati e meno massificati, addirittura più interattivi. Più combattuta è invece la posizione del testimonial: se è troppo pervasivo si rischia eccessiva identificazione del prodotto e insufficiente indipendenza dello stesso, secondo altri, una certa alternanza aiuta.
Di certo, un dato emerge: Luca Picchi interviene narrando un episodio riguardante un imprenditore di sua conoscenza che lo avvisa telefonicamente dell'imminente messa in onda del primo spot televisivo della sua azienda: la tv è ufficialmente e, anche, praticamente, indicativa di uno status, un punto di arrivo. Il professor Catolfi conferma in qualche modo questa visuale ricordando un'affermazione di Guy Debord: il mondo pubblicitario è ormai autoreferenziale, oltre ad essere pervasivo. La pubblicità è ovunque ora è sul telefonino e su Internet.
Stefano Paolillo chiude affermando che la comunicazione pubblicitaria è un conforto culturale e in due obiettivi riesce sempre: nell'informare (dell'esistenza di un prodotto) e nel fidelizzare (a un brand). Una cosa non sarà mai certa: l'effettivo ritorno di un investimento pubblicitario, trattandosi di disciplina non esatta.
E la (nostra amata) radio? Peculiare è la sua modalità di produzione, in grado di coprire la (eventuale) distanza dal video. Il luogo principe della fruizione attualmente è l'automobile, con larghe fasce orarie di prime time.
In sala si è parlato e chiesto di concretezza, oltre che di creatività, con pareri costruttivamente discordi che hanno coinvolto dalla "Linea" di Cavandoli allo "Smartphone" di Vodafone. Al di là dei contesti culturali e temporali, in entrambi i casi, ha chiuso Paolillo, lo scopo è anche divertire.

Lucia Settequattrini